Prossemiche 2.0

I territori fragili e l’epidemia: riflessioni
Autore: Claudio Umberto Comi
“La lontananza sai è come il vento ….”, certo; ma quanto siamo […]

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Il turismo di prossimità a piedi e in bicicletta per ripensare gli spazi nelle città e tra le città. Un’opportunità per Torino, Milano e per i territori intermedi

I territori fragili e l'epidemia: riflessioni

Autore:

Andrea Rolando

Data:

10 Maggio 2020

Il testo illustra il ruolo che il turismo di prossimità può svolgere nel breve termine per riattivare le aree urbane più dense e i territori a loro circostanti, attraverso lo sviluppo di spazi per la mobilità lenta, a piedi e in bicicletta.

Si propone una strategia che punta a migliorare e rendere più accessibili spazi già esistenti: una rete di corridoi verdi, per collegare tra di loro luoghi vitali nelle città come scuole, parchi e piazze, musei, nodi del trasporto pubblico e un sistema di percorsi lungo fiumi, canali e vie storiche, per estendere il turismo di prossimità anche nei territori intorno alle città e nei paesaggi tra le città.

L’ambito di sperimentazione è quello delle aree metropolitane di Milano e di Torino e dei territori intermedi, dove sono possibili destinazioni per il tempo libero e per il turismo realizzabili nel quotidiano, nei fine settimana e anche per una vera e propria vacanza.

Il ragionamento parte dalla attuale situazione di crisi, ma con l’obiettivo di sviluppare nel medio e nel lungo termine le attività già avviate presso il laboratorio E-scapes (www.e-scapes.polimi.it) del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani.

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L’albero della Sesia: percorsi tra i siti UNESCO nel Central Park tra Torino e Milano” (Particolare, da un disegno di Andrea Rolando con Elisa Medaglia, 2018)

Nei territori dell’incertezza. Riflessioni su spazi urbani e pianificazione post-Covid

I territori fragili e l'epidemia: riflessioni

Autore:

Agostino Petrillo

Data:

09 Maggio 2020

Il contributo analizza la situazione in cui si sono venuti a trovare i saperi del territorio di fronte alla emergenza Covid, mostrando sia le manchevolezze e i limiti di questi saperi dal punto di vista epistemologico che la loro scarsa operatività nel frangente drammatico che abbiamo appena attraversato e in cui ancora per molti versi ci troviamo. Al tempo stesso vengono messe in luce  anche alcune potenzialità e risorse che in ogni caso la crisi ha rivelato. In particolare viene  sottolineata la forza dei legami “deboli” che come conseguenza degli eventi, delle limitazioni, della quarantena e del “distanziamento” si sono innescati a livello sociale, con la produzione di fenomeni in parte inediti di mutualismo. L’autore ritiene che proprio da queste reti di mutualismo si possa partire per una riconquista di una dimensione pubblica in buona parte cancellata dalla crisi e per una democratizzazione  del sapere scientifico che appare sempre più necessaria.

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Quarantined courtyards

I territori fragili e l'epidemia: riflessioni

Autore:

Valeria Righetti, Marta Sciarra

Data:

08 Maggio 2020

I cortili in quarantena sono cambiati, le macchine rimangono rintanate nei loro box, e i condomini si appropriano di questi spazi. Ogni centimetro di sole diventa prezioso, così come ogni spazio all’aria aperta legato all’abitazione, verso il quale ci si può espandere.

Partendo da alcune osservazioni sugli spazi intermedi delle abitazioni durante il lock down, è stata avviata una raccolta di informazioni ricorrendo ai social media al fine di registrare il cambiamento di uso di cortili, scale e androni durante la quarantena. La ricerca è parte di uno studio più ampio che si interroga sull’attualità dei diversi movimenti che si sono occupati degli spazi in-between, luoghi intermedi tra la dimensione intima dell’abitare privato e quella più pubblica della strada e della città, per immaginare una nuova spinta progettuale in grado di valorizzarne la presenza recuperandoli all’abitare conviviale.

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Il varco stretto che ci attende dopo Covid-19: cambiare o subire?

I territori fragili e l'epidemia: riflessioni

Autore:

Paolo Pileri

Data:

08 Maggio 2020

Nel tempo fermo di #iorestoacasa, dicono che cambieremo. Ma in meglio o in peggio? Subiremo o decideremo il cambiamento? Differenze che fanno la differenza. Le proposte per un futuro diverso hanno la voce troppo bassa e così si continua a sentire di sanatorie e condoni per la ripresa: ci risiamo. Nel buio della galera nel 1932, Ernesto Rossi, antifascista liberale, diceva che “quel che manca è, più che le materie prime, il materiale umano che valga qualcosa […] l’Italia non potrà essere diversa se non siamo capaci di volerla diversa. E volere è agire”. Parole dure ma limpide che centrano la questione: senza volontà di cambiare, nulla cambia. È questo il varco stretto dove il post-Covid ci attende.

Il mito della crescita è deflagrato. Alcuni infelici di oggi sono pentiti di non aver tentato la decrescita felice di ieri. Ma ora non serve l’ansia, serve leggere l’economia di Federico Caffè o le pagine di economia civile o di quella circolare o di quella fondamentale. Tutta roba che fino a ieri accartocciavamo assieme alle buone idee per un’Italia diversa che là ci sono e che hanno bisogno di farsi largo. Allora, come al gioco della torre, provo a buttare giù qualcosa che odora di improponibile per domani. Un po’ come si fa dopo le dittature, abbattendo busti e insegne del tiranno per passare a nuova vita. Partiamo da Sud. Mentre si combatteva a mani nude Covid, il 17 marzo il viceministro Cancelleri benediceva il via libera del CIPE alla superstrada Ragusa-Catania (750 milioni di euro): “Nonostante il Governo e l’Italia intera si trovino ad affrontare un’emergenza sanitaria senza eguali, non posso che esprimere la mia più grande soddisfazione per l’impegno che questo governo ha messo in campo per portare a casa questo storico risultato”.

4, i progetti mangiasuolo e mangiambiente da buttare giù dalla torre ed entrare nel futuro più leggeri, felici e diversi, investendo nella cura di un Paese dove continuano silenziosamente a cadere ponti e scivolare versanti.

Quel nonostante è insopportabile. Anziché cogliere l’occasione per lanciare un altro modo di intendere lo sviluppo, si conferma la linea di sempre: genuflettersi davanti alla solita colata di cemento e asfalto, toccasana di ogni benessere! Con quel nonostante la gente non impara a volere un futuro diverso. Saliamo al centro. Torniamo a Varignana, Bologna. Ricordate la distruzione della collina per farci un mega CRIF-Resort (Ae 222)? Politica muta, come sardine. Meno male che i comitati, nonostante Covid, si sono autotassati presentando un ricorso. Saliamo al Nord: Milano. La pandemia ha fermato lo sport e svuotato gli stadi ma nessun politico ha approfittato per dire che non è più tempo per idee e progetti faraonici come il nuovo stadio San Siro e il suo ventre malato, zeppo di centri commerciali, alberghi e speculazioni immobiliari (un miliardo di euro).

Andiamo ora nel cuore delle Alpi. Il turismo ha subito uno stop violentissimo. Uno stop per ripensare tutto e non per fare peggio di prima. Perché non cancellare quel progetto assurdo fatto ancora di impianti di risalita e piste da sci che vanno a distruggere un luogo meraviglioso come il parco naturale dell’Alpe Veglia-Devero (173 milioni di euro)? Una fregatura fin dal titolo “Avvicinare le montagne”: le si avvicina solo alla morte. Le associazioni non lo vogliono e raccolgono 93mila firme. Ecco tre casi concreti dove si dimostra che la capacità di volere un’Italia diversa non manca. Chi si oppone a quei progetti è un antivirus per questo tempo malato. Ora tocca a te, cara politica. Vuoi questi quattro progetti come simbolo della ripresa italiana? Li finanzierai con i Coronabond? No, ti prego. Volere è agire. Ma bisogna capire prima cosa volere, altrimenti si fanno disastri.

 

Articolo pubblicato su www.altreconomia.it il 01 maggio 2020