Quinta proposta di intervento di Ricomporre i Divari: il miglioramento della qualità dell’aria nel Bacino Padano

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La proposta è stata elaborata da un gruppo di lavoro composto da Marcello Magoni, Gloria Pessina e Rachele Radaelli. La sua versione completa sarà pubblicata in un volume di prossima uscita per i tipi de Il Mulino.

Data

22 Dicembre 2020

Nel Bacino Padano: una strategia territoriale di disinquinamento dell’aria

Il Bacino Padano è una delle aree europee in cui è più forte lo squilibrio tra attività economiche, insediamenti umani e ambiente. Tra i diversi fattori di squilibrio ambientale, che includono il consumo del suolo e l’inquinamento delle acque, l’inquinamento atmosferico costituisce uno dei più problematici a causa non solo delle notevoli emissioni inquinanti, ma anche delle condizioni orografiche e meteoclimatiche che ne incrementano la stagnazione. Infatti, nonostante per alcuni inquinanti la qualità dell’aria sia migliorata già dagli anni ’70, vi è ancora una condizione di criticità per le eccessive concentrazioni di particolato fine (PM10 e PM2,5), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3).

L’inquinamento dell’aria costituisce uno dei principali fattori di rischio ambientale per la salute dell’uomo poiché provoca un aumento delle malattie respiratorie, cardiovascolari e neoplastiche che conducono a morti premature e a una riduzione delle aspettative di vita nelle popolazioni interessate. L’Italia è considerata tra le prime nazioni in Europa per numero di morti premature dovute all’eccesso di particolato fine (PM 10, PM2.5), di cui un numero prevalente si presume provenga dal Bacino Padano.

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Per individuare le strategie più efficaci per ridurre l’inquinamento atmosferico e i suoi effetti sono considerati fattori individuali, socio-ambientali (reddito, livello d’istruzione, esposizione, condizioni climatiche, etc.) ed emissivi. Ad esempio, in Lombardia le principali fonti di emissione degli ossidi di azoto, PM2,5 e ozono sono i mezzi di trasporto di persone e merci (31%), la combustione non industriale (22%), quella industriale (circa il 13%) e l’agricoltura (quasi il 7%).

Data la natura complessa dell’inquinamento atmosferico, per ottenere un miglioramento definitivo della qualità dell’aria occorre intervenire su tutti i settori emissivi in modo proporzionato al loro contributo e con una regia in grado di coordinare le diverse azioni sull’intero territorio considerato.

Nel Bacino Padano nell’ultimo decennio è emersa con forza la necessità di una regia nazionale di contrasto all’inquinamento atmosferico in conseguenza sia dei richiami all’Italia delle istituzioni europee, sia dell’attenzione al tema del cambiamento climatico. Sono di questi anni la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, il Piano Nazionale Energia e Clima 2030 e gli aggiornamenti ai Piani regionali di tutela della qualità dell’aria. Inoltre, sono stati sottoscritti diversi accordi di collaborazione interregionale e nazionale per affrontare la grave situazione del Bacino Padano, ma gli effetti di questi piani, strategie e accordi sono ancora lontani dal raggiungimento dell’obiettivo di un adeguato miglioramento della qualità dell’aria. Al riguardo riscontriamo tre grandi problemi: la scarsità di risorse dedicate a livello sovraregionale; l’inadeguatezza delle azioni finanziate a livello comunale; le scarse analisi territoriali del fenomeno dell’inquinamento atmosferico nell’elaborare delle azioni puntuali e diversificate.

Anche in vista dei finanziamenti del Next Generation EU, proponiamo di elaborare una “Strategia territoriale per il miglioramento della qualità dell’aria del Bacino Padano” caratterizzata da una forte regia nazionale e da un processo di coinvolgimento alle diverse scale di istituzioni (comuni, aree metropolitane, regioni), organismi tecnici (es. agenzie per la protezione dell’ambiente), università, associazioni, cittadini.

Questa strategia dovrà considerare l’insieme delle attività che producono emissioni inquinanti e la loro distribuzione nello spazio e integrarsi alle strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Essa dovrà assumere due prospettive complementari: la prima dovrà agire sull’uso dei suoli e sui sistemi insediativi e produttivi, mitigandone l’impatto ambientale e aumentandone l’efficienza energetica, la seconda dovrà ridurre le emissioni inquinanti e l’esposizione della popolazione. Queste prospettive dovranno trovare attuazione in tre dimensioni strategiche: l’orientamento dei sistemi insediativi (1) e agro-industriale (2) verso condizioni di maggiore sostenibilità e la riduzione dell’uso dei combustibili fossili (3).

Il ripensamento del sistema insediativo richiede di minimizzare lo sprawl urbano (ovvero l’espansione degli insediamenti urbani) e il consumo di suolo attraverso lo sviluppo di modelli di tipo diramato, dove le infrastrutture territoriali sono integrate per ottenere una maggiore efficienza energetica e una riduzione dell’impatto ambientale. L’orientamento del sistema agro-industriale punta su una riconversione sostenibile di coltivazioni e allevamenti basata sugli obiettivi della strategia europea Farm to Fork, attraverso l’espansione della filiera corta, l’uso e il trattamento a basso impatto delle acque reflue, l’uso ridotto e a basso impatto di pesticidi e fertilizzanti, il recupero dei flussi di materia/energia (es. produzione di biometano da residui organici agricoli e urbani). La riduzione dei combustibili fossili richiede di migliorare l’efficienza energetica di insediamenti e infrastrutture e di sostituire le energie non-rinnovabili con quelle rinnovabili. Questo comporta il potenziamento della rete elettrica, la riduzione della domanda di mobilità privata, il recupero dei flussi di energia in eccesso, l’accumulo di elettricità e calore prodotte dagli impianti eolici, solari e idrici a flusso libero.

La strategia territoriale dovrà avere un’elevata flessibilità, poiché tecnologie, pratiche e conoscenze sull’energia sono in continua e forte trasformazione, e dovrà coinvolgere cittadini e attori locali. Al riguardo, il sostegno alla diffusione di processi di coinvolgimento degli abitanti finalizzati al progetto, alla sperimentazione e alla valutazione di transizioni verso modelli territoriali più sostenibili dovrà costituire una dimensione essenziale delle strategie locali.

Marcello Magoni è responsabile del CCRR-Lab – DAStU (Politecnico di Milano) e svolge attività di ricerca,  formazione e consulenza nei campi della pianificazione e valutazione territoriale e paesistico-ambientale e della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Gloria Pessina è dottore di ricerca in Spatial Planning and Urban Development, è assegnista di ricerca presso il DAStU (Politecnico di Milano) nell’ambito del progetto “Fragilità Territoriali”. Rachele Radaelli è architetto, membro del CCRR-Lab del DAStU (Politecnico di Milano) e svolge attività di ricerca e formazione nei campi della pianificazione territoriale, della valutazione ambientale e della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. 

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Credits: https://www.esa.int/ESA_Multimedia/Images/2019/05/Nitrogen_dioxide_over_Europe

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