È in libreria il volume ‘Ricomporre i divari’

Libri

Autori

Alessandro Coppola, Matteo Del Fabbro, Arturo Lanzani, Gloria Pessina,
Federico Zanfi

Data di pubblicazione

2021

ISBN

978-88-15-29228-5

Coppola A., Del Fabbro M., Lanzani A., Pessina G., Zanfi F., 2021,Ricomporre i divari. Il Mulino

Ricomporre i divari.

Politiche e progetti territoriali contro le disuguaglianze e per la transizione ecologica

Come si manifestano nel territorio italiano le disuguaglianze sociali e spaziali? Quali intrecci con le crisi e i rischi ambientali producono queste geografie? Quali azioni sono necessarie per affrontare tali fenomeni in modo strutturale e coordinato? Il volume – frutto di un percorso di riflessione che ha coinvolto studiosi, amministratori, esperti e attivisti – si propone di rispondere a questi interrogativi formulando idee progettuali che si articolano su scale e ambiti d’intervento diversi, con un’attenzione particolare al ruolo degli specifici assetti materiali e fisici del nostro paese. Le proposte qui raccolte riguardano strategie territoriali nazionali e temi quali l’abitare, le infrastrutture della vita quotidiana e la mobilità. Tali proposte interpretano il contrasto alle disuguaglianze e il sostegno alla transizione ecologica delle economie e dei territori come due facce di una stessa medaglia, e guardano all’orizzonte degli investimenti che l’Italia si accinge a predisporre anche nel quadro d’azione del programma Next Generation EU.

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Nota dei curatori. Tra eredità, riscoperte e un futuro diverso: ripensare le politiche urbanistiche e territoriali, di Alessandro Coppola, Arturo Lanzani e Federico Zanfi
PARTE PRIMA: STRATEGIE TERRITORIALI
Introduzione. Percorsi possibili per attingere al potenziale inespresso dei luoghi, di Matteo Del Fabbro

di Giovanni Carrosio (Università di Trieste) e Alessandra De Renzis (Gran Sasso Science Institute)

La proposta intende avanzare un’agenda di azioni a favore del rilancio delle aree interne che faccia leva sulla rilocalizzazione di settori e filiere produttivi, la preservazione del capitale naturale ed il sostegno alla generazione di servizi ecosistemici.

Le azioni proposte riguardano il superamento della frammentazione fondiaria e l’allargamento delle possibilità di ’accesso alla terra sulla base di esperienze locali già in campo, l’innovazione dei catasti e la promozione di associazioni fondiarie e consorzi forestali; l’introduzione di sistemi di pagamento dei servizi ecosistemici sotto forma di tassazione o riconoscimento della “quota ecosistemica” nel valore dei prodotti in mercati che consentano di valorizzarne l’origine, la qualità e la funzione; la strutturazione di nested markets (mercati nidificati) anche attraverso un ruolo di amministrazioni e imprese pubbliche di garanzia di quote di domanda sufficienti al loro sviluppo.

di Alessandro Balducci (Politecnico di Milano), Sara Caramaschi (Gran Sasso Science Institute), Alessandro Coppola (Politecnico di Milano), Francesco Curci (Politecnico di Milano), Grazia Di Giovanni, Matteo di Venosa (Università di Chieti-Pescara), Cora Fontana (CNR-Igag), Gianfranco Franz (Università di Ferrara) e Andrea Gritti (Politecnico di Milano)

La proposta intende avanzare un’agenda per le ricostruzioni post-sisma, considerate come il contesto entro il quale con maggiore efficacia si possono porre in opera complessi programmi di incremento della resilienza complessiva dei territori sismici.

Entro tale programma – che si suggerisce sia fondato su una legge quadro che superi definitivamente il carattere frammentario e congiunturale degli interventi legislativi per la ricostruzione ad oggi in essere – si individuano alcune dimensioni qualificanti: la forte integrazione fra pianificazione per l’emergenza, per gli interventi temporanei e gli interventi di ricostruzione; il sostegno alla pianificazione urbanistica nei contesti post-sisma con una forte integrazione con le politiche abitative a tutela dei segmenti più vulnerabili della popolazione e la previsione di interventi di delocalizzazione e alleggerimento edilizi; il coordinamento territoriale degli incentivi al miglioramento sismico e l’introduzione di limitate forme di assicurazione obbligatoria per i beni ricostruiti e migliorati di elevato valore; il ridisegno della governance nazionale delle ricostruzioni con l’individuazione di una struttura nazionale specializzata multidisciplinare, un centro di documentazione sulle ricostruzioni.

di Francesco Curci (Politecnico di Milano), Mariavaleria Mininni (Università della Basilicata), Gabriele Nanni (Legambiente), Edoardo Zanchini (Legambiente) e Federico Zanfi (Politecnico di Milano)

Le coste italiane sono oggi interessate da diverse criticità, quali l’erosione del demanio marittimo, la condizione di rischio di molta edilizia esposta al cambiamento climatico, l’inquinamento di molte acque costiere.

La proposta avanza una strategia per affrontare tali questioni in modo integrato, intervenendo su cinque linee prioritarie: 1) l’annessione di nuove aree al demanio marittimo, per garantirne l’esistenza nel futuro scenario di innalzamento dei mari e di erosione costiera; 2) la demolizione degli immobili abusivi non sanabili vicini al mare e l’arretramento degli immobili regolari più a rischio mediante programmi di trasferimento e indennizzi; 3) l’abolizione dei rinnovi automatici delle concessioni demaniali e la definizione di procedure per il rilascio di nuove concessioni che premino progettualità virtuose in chiave ecologica e ambientale; 4) la progettazione di un sistema nazionale di monitoraggio della qualità delle acque; 5) l’adeguamento dei sistemi di depurazione costieri e sub-costieri ai periodi estivi di massimo carico antropico.

di Gianfranco Becciu (Politecnico di Milano), Arturo Lanzani (Politecnico di Milano) e Federico Zanfi (Politecnico di Milano)

La proposta affronta il tema della gestione integrata delle acque negli ambiti fluviali, proponendosi di superare da un lato il settorialismo di molti interventi recenti, e dall’altro i limiti di strumenti quali i Contratti di fiume, che pur abbracciando una scala intercomunale e promuovendo una visione intersettoriale, hanno inciso marginalmente sulle decisioni assunte.

Si propone di formulare dieci progetti-pilota per altrettanti ambiti di bacino italiani, selezionati in base alle criticità ambientali e territoriali emergenti, e qui promuovere interventi idraulici-territoriali integrati entro due principali ambiti d’azione. “A monte”, manutenzione programmata dei versanti e opere di ingegneria verde a basso impatto ambientale, entro un più generale sostegno delle aree interne montane a partire da un ripensamento della politica forestale. “A valle” la massimizzazione degli ambiti di esondazione naturali, la riorganizzazione dell’edificato e del suolo urbanizzato vicino ai corsi d’acqua e un più equilibrato prelievo nei periodi di secca.

di Marcello Magoni (Politecnico di Milano), Gloria Pessina (Politecnico di Milano) e Rachele Radaelli (Politecnico di Milano)

Anche in vista dei finanziamenti del Next Generation EU, la proposta si concentra sull’elaborazione di una “Strategia territoriale per il miglioramento della qualità dell’aria del Bacino Padano” caratterizzata da una forte regia nazionale e da un processo di coinvolgimento alle diverse scale di istituzioni (comuni, aree metropolitane, regioni), organismi tecnici (es. agenzie per la protezione dell’ambiente), università, associazioni, cittadini. Questa strategia dovrà considerare l’insieme delle attività che producono emissioni inquinanti e la loro distribuzione nello spazio e integrarsi alle strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

Essa dovrà assumere due prospettive complementari: la prima dovrà agire sull’uso dei suoli e sui sistemi insediativi e produttivi, mitigandone l’impatto ambientale e aumentandone l’efficienza energetica. La seconda dovrà ridurre le emissioni inquinanti e l’esposizione della popolazione. Queste prospettive dovranno trovare attuazione in tre dimensioni strategiche: l’orientamento dei sistemi insediativi (1) e agro-industriale (2) verso condizioni di maggiore sostenibilità e la riduzione dell’uso dei combustibili fossili (3).

di Arturo Lanzani (Politecnico di Milano), Daniela De Leo (Università di Roma La Sapienza), Cristiana Mattioli (Politecnico di Milano), Eugenio Morello (Politecnico di Milano) e Federico Zanfi (Politecnico di Milano)

Fuori dalle aree interne e dai capoluoghi delle città metropolitane è possibile osservare territori che hanno avuto una rapida e spesso incontrollata crescita per lo sviluppo di buona parte della manifattura italiana o di profili industriali di stampo fordista legati all’azione statale e di agricolture intensive. Uno sviluppo delle attività economiche che ha generato una contenuta ma spesso costante crescita della popolazione fuori dall’orizzonte delle grandi città quasi per nulla regolato nel suo profilo urbanistico-ambientale, né tanto meno inquadrato all’interno di una qualche esplicita visione di trasformazione territoriale.

Per questa Italia né area metropolitana né area interna, di margine metropolitano o “di mezzo” la proposta operativa è quella di: a) procedere alla individuazione di 30 ambiti sovracomunali esemplari (con un massimo di 3 per Regione), non necessariamente distrettuali, che presentino un doppio ordine di criticità: una più propriamente economico-sociale e una più propriamente ambientale-urbanistico-territoriale; b) delineare possibili azioni sugli spazi della produzione, dalle aree industriali dei distretti manifatturieri, agli ambiti dell’allevamento intensivo, alle coltivazioni in serra e delle agricolture intensive e specializzate, dal forte impatto ambientale.

di Alessandro Coppola (Politecnico di Milano), Gabriele Pasqui (Politecnico di Milano), Sandro Balducci (Politecnico di Milano), Giovanni Laino (Università di Napoli) e Agostino Petrillo (Politecnico di Milano)

La proposta avanza una strategia per i quartieri fragili – ovvero caratterizzati da forme multidimensionali di deprivazione: povertà, disoccupazione, degrado del patrimonio – delle aree metropolitane e in prospettiva dell’insieme delle aree urbane. Diversamente da politiche recenti, ad essere presi in considerazione sono i territori delle aree metropolitane nel loro complesso – il comune centrale e gli altri comuni – e quartieri sia “pubblici” sia di edilizia privata.

Il fuoco della proposta riguarda programmi integrati per la transizione ecologica di questi quartieri che facciano leva sia su nuove risorse sia su quelle esistenti – incentivi del super-bonus, per l’edilizia privata e per quella pubblica – e che abbiano come ulteriore obiettivo strategico la creazione di nuove economie e di nuova occupazione di qualità per specifici gruppi target: NEET, donne fuoriuscite dal mercato del lavoro, disoccupati di lunga durata. Tale programma implica un profondo ridisegno delle forme dell’azione pubblica: innovazione delle forme di procurement pubblico (green procurement e clausole sociali), integrazione fra tali interventi ed altre politiche – sociali, per l’occupazione – su base areale, nuove forme di coordinamento fra attori pubblici e più vaste coalizioni di attori sul modello delle UIA (Urban Innovative Actions) e dei Local Action Plans del programma Urbact.

PARTE SECONDA: PATRIMONI ABITATIVI
Introduzione. Politiche, strumenti e soggetti per patrimoni abitativi più equi ed ecologici, di Gloria Pessina

di Silvia Erba (Politecnico di Milano) e Lorenzo Pagliano (Politecnico di Milano)

 

La proposta invita a irrobustire gli incentivi relativi a Titoli di Efficienza Energetica (TEE) e Conto Termico rivolti alla riduzione dell’uso finale di energia e in particolare del “fabbisogno di energia termica per riscaldamento e raffrescamento” degli edifici, portando tali incentivi ad una quota almeno equivalente agli incentivi relativi alla generazione di energia (15 miliardi di €/anno).

Non essendo finanziati da prelievi fiscali, TEE e Conto Termico sono totalmente esterni al bilancio dello stato e dunque non incidono negativamente sui parametri debito/PIL e deficit/PIL. Inoltre, non devono essere votati ogni anno nella legge finanziaria: sono al contrario un meccanismo intrinsecamente stabile, con cicli quinquennali, che consente quindi pianificazione industriale, acquisizione e formazione di personale specializzato per costruire una efficace filiera della transizione energetica in edilizia.

di Federico Zanfi (Politecnico di Milano), Laura Daglio (Politecnico di Milano), Antonio Perrone (Università di Palermo), Simone Rusci (Università di Pisa)

 

A fronte di un patrimonio residenziale privato tipologicamente eterogeneo e territorialmente differenziato, gli incentivi fiscali per la riqualificazione edilizia validi ovunque nel territorio nazionale sono risultati poco efficaci e talora controproducenti in termini di disuguaglianze.

La proposta riguarda la “territorializzazione” di tali misure per garantire equità ed efficienza allocativa delle risorse pubbliche, e indirizzare gli effetti indiretti dell’intervento sul patrimonio edilizio alla riduzione di specifiche disuguaglianze sociali, territoriali e ambientali. L’attuazione prevede: a) una modulazione degli incentivi mediante una zonizzazione del territorio nazionale che consideri le condizioni economiche e di valore dei patrimoni edilizi privati, i fattori di rischio e le specifiche condizioni insediative; b) l’integrazione dei bonus edilizi con politiche economiche, sociali, di messa in sicurezza e di riqualificazione paesaggistica, mirate a obiettivi strategici a seconda dei territori in cui ricade il patrimonio.

di Laura Daglio (Politecnico di Milano), Elena Marchigiani (Università di Trieste), Federico Zanfi (Politecnico di Milano)

 

La domanda crescente di alloggi in affitto a condizioni accessibili deve misurarsi nel nostro paese con tre fattori: un insufficiente patrimonio di Edilizia residenziale pubblica, un’offerta ridotta dell’housing sociale prodottosi nell’ultimo decennio, e un mercato della locazione privata che, tra spostamento di molti alloggi verso l’affitto breve orientato al turismo, il sottoutilizzo e la mancanza di manutenzione fatica a esprimere una risposta adeguata a tali domande.

Riflettendo sui pregi e sui limiti che l’esperienza della Agenzie per l’affitto ha mostrato in diverse città italiane, la proposta definisce un nuovo soggetto gestore evoluto per riattivare l’offerta oggi inespressa dal patrimonio residenziale privato, con due principali obiettivi: da un lato ampliare l’offerta abitativa per nuclei familiari in condizioni di fragilità e con redditi medio-bassi; dall’altro rispondere alle difficoltà dei proprietari che non riescono a intervenire autonomamente sul proprio patrimonio, stimolando l’affitto a canone concordato e associando, ai vantaggi fiscali già disponibili per tale modalità di locazione, specifiche garanzie e un supporto procedurale e tecnico a interventi di adeguamento e riqualificazione edilizia.

 

di Massimo Bricocoli (Politecnico di Milano), Carlo Cellamare (Università di Roma La Sapienza), Francesca Cognetti (Politecnico di Milano), Elena Marchigiani (Università di Trieste)

 

Da tempo in Italia, i processi di alienazione e la carenza di interventi manutentivi sui patrimoni Erp si scontrano con una domanda in costante aumento. È evidente la necessità di un progetto nazionale di investimenti sulla casa in locazione sociale e “molto sociale”, a partire dalla costruzione di un Osservatorio permanente in grado di restituire la territorializzazione dei bisogni, la consistenza e le tipologie di offerta nelle diverse situazioni nazionali.

Parallelamente, La proposta individua tre campi di azione e diversi dispositivi attuativi per il miglioramento delle modalità di gestione “locale” dell’Erp e di altri patrimoni finalizzabili a tale scopo: a) il recupero di alloggi Erp sfitti, attraverso operazioni di automanutenzione e autorecupero che prevedano il concorso di limitate risorse economiche e di tempo/lavoro da parte degli inquilini; b) il trasferimento e la conversione a Erp di immobili pubblici già a uso abitativo – in primis dai Demani militare e di Stato, ai Comuni e alle Aziende casa; c) il contributo degli strumenti della pianificazione locale a operazioni ordinarie di trasformazione di immobili privati.

di Ezio Micelli (Università IUAV di Venezia) e Simone Rusci (Università di Pisa)

 

La proposta intende estendere la perequazione urbanistica ai contesti sovracomunali, intercettando quelle esternalità e quelle disparità che si originano non più e non solo alla scala municipale ma a quella territoriale, tra aree interne e poli metropolitani e tra territori in crescita e territori in contrazione.

Sono individuate a questo scopo tre possibili strategie attuative. La prima riguarda la disgiunzione spaziale tra chi deve corrispondere l’onere perequativo e chi ne beneficia, attraverso un ridisegno degli ambiti ed un maggior ricorso alle perequazioni monetarie. La seconda strategia integra gli oneri perequativi con quelli di urbanizzazione e con gli standard urbanistici, ricercando una maggiore finalizzazione verso “l’attrezzamento” dei territori marginali. La terza intende legare le espansioni urbane e le trasformazioni che agiscono nei grandi attrattori metropolitani con la di riqualificazione di ambiti dismessi e abbandonati, istituendo crediti edilizi per favorire demolizioni, contrazioni e riparazioni paesaggistiche.

PARTE TERZA: INFRASTRUTTURE DELLA VITA QUOTIDIANA

Introduzione. Politiche, forme di gestione, spazi e manufatti per un welfare più equo e per un reale diritto di cittadinanza, di Gloria Pessina

di Giovanni Allegretti (Centre for Social Studies – University of Coimbra), Alessandro Coppola (Politecnico di Milano), Enrico Gargiulo (Università di Bologna), Laura Saija (Università degli Studi di Catania), Michelangelo Secchi (Centre for Social Studies – University of Coimbra) e Elena Ostanel (IUAV)

 

La proposta avanza un’agenda di politiche per l’innovazione democratica anche a sostegno dei programmi del nuovo ciclo di programmazione. Obiettivo strategico è quella della costruzione della “democrazia degli abitanti”, ovvero di un campo di norme e politiche attive che garantiscano da una parte la piena inclusione di tutti gli abitanti dei territori al di là della loro condizione giuridica e dall’altro l’articolazione di concrete, innovative forme di partecipazione al fine di includere determinati segmenti della popolazione, a partire da quelli in condizioni di svantaggio e subordinazione.

Più in particolare, la proposta include una serie di principi base per il disegno delle politiche partecipative sia a livello territoriale sia settoriale e propone l’istituzione di una struttura nazionale per le politiche partecipative che sostenga una serie di progetti, anche a integrazione e sostegno delle politiche nazionali: la costituzione di una piattaforma e di una rete fra esperienze locali di innovazione democratica; una consistente «riserva partecipativa» che finanzi progetti partecipativi; l’attivazione di processi di monitoraggio civico a partire da progetti di elaborazione e visualizzazione di basi-di-dati, e in particolare di dati aperti istituzionali; lo sviluppo di programmi di attivazione e costruzione di capitale sociale e politico fra gruppi sociali/territori in condizioni di deficit partecipativo; la previsione in qualsiasi politica nazionale orientata a promuovere politiche territorializzate di presidi permanenti a supporto di processi di attivazione e partecipazione della popolazione locale alle scelte dei rispettivi programmi.

di Angelo Salento (Università del Salento), Filippo Barbera (Università degli Studi di Torino), Valeria Fedeli (Politecnico di Milano)

 

Diverse sono le analisi disponibili sui processi di riorganizzazione imposti dai recenti provvedimenti di legge che hanno ridefinito assetti e ruoli delle partecipate pubbliche. Manca ad oggi, ed è questa la proposta che il contributo formula, un osservatorio capace non solo di guardare ad esse come oggetto in sé, ma di concepirle all’interno di un quadro di ricomposizione dei divari territoriali.

Tre i nodi che tale osservatorio dovrebbe affrontare: in primo luogo si tratta di monitorare i contratti attraverso i quali si definiscono le relazioni tra enti locali e società partecipate con l’obiettivo di capire se e come queste ultime si costituiscano in leve strategiche per lo sviluppo; in secondo luogo, si tratta di capire come funzionano i consigli di gestione, allo scopo di fare delle società partecipate soggetti capaci di esprimere una pluralità di interessi e sfide. In terzo luogo, si tratta di ricostruire le geografie che esse tracciano sul territorio, per capire quale ruolo svolgono in un disegno di coesione territoriale del paese.

di Marco Arlotti (Politecnico di Milano) e Costanzo Ranci (Politecnico di Milano)

 

Alla luce di un’analisi e di una ricostruzione del rapporto esistente fra welfare locale e diseguaglianze territoriali nel caso italiano, vengono delineate una serie di proposte operative per rafforzare l’efficacia del welfare locale e ridurre le disuguaglianze territoriali.

Esse riguardano, innanzitutto, l’introduzione di diritti soggettivi esigibili, sulla base dell’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, per quanto riguarda le prestazioni di welfare locale; la conseguente necessità di investimenti strutturali a favore del welfare locale, attraverso risorse che potrebbero risultare disponibili anche a partire da una riforma di altre componenti consolidate della spesa sociale, in un’ottica di maggiore equità; infine il rafforzamento dell’infrastruttura istituzionale, attraverso un forte ruolo di accompagnamento e coordinamento dello Stato centrale al fine di garantire l’implementazione dei livelli essenziali a livello territoriale.

 

di Maria Raffaella Lamacchia (Regione Puglia), Daniela Luisi (Associazione Riabitare l’Italia/Forum Disuguaglianze Diversità), Cristiana Mattioli (Politecnico di Milano), Rocco Pastore (Regione Puglia), Cristina Renzoni (Politecnico di Milano), Paola Savoldi (Politecnico di Milano)

 

Il patrimonio dell’edilizia scolastica in Italia è consistente e diffuso: 58.842 edifici, di cui 39.079 attivi, pari a circa 150 mln mq, che accolgono quotidianamente più di 8 milioni di studenti, 1 milione di insegnanti e 200.000 lavoratori tra amministrativi, tecnici e ausiliari. È un’infrastruttura fondamentale che potrebbe essere al centro di un programma pubblico, di rango nazionale.

La proposta ne disegna caratteri e meccanismi, traendo ispirazione dall’esperienza italiana dei Contratti di Quartiere e dall’esperienza belga del programma Contrat École. Il Contratto di scuola è inteso come un programma di rigenerazione urbana che, grazie ad azioni materiali e immateriali, ha l’obiettivo di migliorare il contesto scolastico e rinforzare le relazioni scuola-territorio, alle diverse scale. Gli spazi delle scuole e gli spazi urbani di immediata prossimità sono assunti come campo di intervento, attraverso un programma coordinato tra le istituzioni scolastiche ed enti locali.

di Carolina Pacchi (Politecnico di Milano), Costanzo Ranci (Politecnico di Milano)

 

La proposta intende costruire una politica scolastica di tipo territoriale finalizzata a una più equa ed equilibrata distribuzione degli accessi per contrastare il fenomeno della segregazione scolastica. Vanno in questa direzione misure per rendere più attrattive le scuole collocate in aree periferiche, campagne di informazione e potenziamento delle capacità di scelta delle famiglie più svantaggiate, vincoli alla libera scelta scolastica che tutelino livelli minimi di composizione delle scuole e delle classi, azioni volte a favorire la cooperazione tra scuole invece che la competizione.

In generale, queste politiche di natura place-based dovrebbero agire sul piano territoriale, favorendo il rafforzamento delle attività comuni tra scuole collocate in aree simili e sostenendo la capacità delle scuole di agire come agenzie di cittadinanza per i territori in cui sono inserite.

di Paolo Galuzzi (Politecnico di Milano), Arturo Lanzani (Politecnico di Milano)

 

La proposta riguarda la promozione di azioni di riordino e di potenziamento delle attrezzature e delle infrastrutture della vita quotidiana, attraverso strumenti non necessariamente conformativi gli usi del suolo: più assimilabili a contratti o a documenti strategici utili a coordinare politiche, piani e programmi di diversi attori, entrando nel merito di aspetti di gestione interdipendente di tali servizi e attrezzature.

La proposta riporta l’attenzione alla composizione nello spazio fisico e nelle reciproche relazioni delle fondamentali «attrezzature» e «infrastrutture» dell’economia fondamentale, applicata ai diversi contesti territoriali del paese dove si svolge gran parte della nostra vita quotidiana. La configurazione di queste attrezzature e infrastrutture è letta complessivamente e in modo interdipendente, per coglierne il ruolo decisivo nella mitigazione e contrasto delle diseguaglianze socio-spaziali, la cosiddetta «città pubblica», e nell’avviamento della transizione ecologica delle varie economie locali, della vita quotidiana e dell’organizzazione insediativa e territoriale.

 

di Lucina Caravaggi (Università di Roma – La Sapienza), Arturo Lanzani (Politecnico di Milano), Antonio Longo (Politecnico di Milano)

 

La proposta mira alla creazione di 100 Parchi agro-sociali nelle città metropolitane e nei territori periurbani, intesi come parchi abitati e spazi di valorizzazione ecologica, da realizzare attraverso un forte coinvolgimento delle comunità locali. Con i nuovi parchi si intende intervenire nelle frange urbanizzate dei territori italiani connotati da fenomeni di degrado ambientale e paesaggistico, e da forti disuguaglianze sociali. Il verde e il paesaggio, infatti, rappresentano ancora uno straordinario spazio di azione per la riduzione delle disuguaglianze e l’accesso comune ai diritti fondamentali di cittadinanza.

Il processo di costruzione e gestione dei progetti potrà essere articolato in tre tappe: individuazione degli ambiti eleggibili di iniziativa centrale; elaborazione di prime candidature locali e loro selezione; progettazione congiunta tra strutture tecniche di supporto centrali e nuclei di progettazione locale. I progetti tenderanno a sviluppare, attraverso interventi low-cost, azioni di ecologia civica e di sviluppo di microeconomie locali, con il progressivo recupero naturalistico di aree degradate e il coinvolgimento delle imprese agricole operanti nel territorio.

di Arturo Lanzani (Politecnico di Milano), Antonio Longo (Politecnico di Milano), Cristina Renzoni (Politecnico di Milano), Federico Zanfi (Politecnico di Milano)

 

La diffusa cattiva qualità dell’abitare che contraddistingue molti territori nel nostro paese è spesso strettamente legata a ciò che sta fuori dallo spazio domestico: spazi aperti di prossimità non di rado ridotti a stalli di sosta per le auto; servizi collettivi, quando presenti, con un carattere introverso rispetto l’intorno.

Per perseguire gli obiettivi congiunti di una maggiore equità sociale e di riconversione ecologica, proponiamo di attivare progetti di trasformazione dello spazio aperto di prossimità di a) strade, b) parcheggi, c) servizi collettivi. È necessario operare una de-specializzazione delle strade locali, con la perimetrazione di ampie zone a 20-30 km/h e di zone a precedenza ciclabile e pedonale, progressivamente modificate attraverso una maggiore articolazione delle sezioni stradali. Vanno messe in campo azioni di rinverdimento di superfici asfaltate e a parcheggio al fine di migliorarne sia il comportamento idraulico e termico, sia l’utilizzazione – anche in forma temporanea. È importante potenziare e migliorare la connessione tra i luoghi dei servizi e i tessuti entro cui sono inseriti, nonché definire più ampi spazi esterni di pertinenza, ove è possibile svolgere funzioni scolastiche, culturali, ricreative e sportive all’esterno: un tema centrale anche in relazione ai temi della salute pubblica emersi con forza con l’emergenza sanitaria da Covid-19.

PARTE QUARTA: RETI E SERVIZI DELLA MOBILITÀ
Introduzione. Accessibilità, lentezza e spazi di movimento per riformare le politiche «dei trasporti», di Matteo Del Fabbro

di Paolo Bozzuto (Politecnico di Milano), Lorenzo Fabian (Università Iuav di Venezia), Paolo Gandolfi (Italian Cycling Embassy), Stefano Munarin (Università Iuav di Venezia) e Luca Velo (Università Iuav di Venezia)

 

L’Italia è al secondo paese europeo per indice di motorizzazione e presenta un modello di mobilità organizzato quasi esclusivamente attorno all’auto di proprietà. Ciò comporta elevati costi ambientali, sociali ed economici che si riverberano sulla qualità dello spazio urbano, la qualità della vita e sull’incremento delle diseguaglianze sociali.

Alla luce di questi aspetti la proposta delinea una prospettiva di policy per: a) ripensare le strade come spazi capaci di accogliere tutte le utenze e le diverse forme di mobilità; b) sviluppare reti ciclopedonali diffuse e continue, sfruttando anche i numerosi tracciati secondari (argini, strade bianche, reti minori) che attraversano il territorio italiano; c) sviluppare l’Intermodalità agendo su infrastrutture (ultimo miglio), nodi e recapiti principali (stazioni, ospedali, scuole, aziende) e mezzi pubblici (treni, metropolitane e bus per il trasporto di biciclette, monopattini e altri mezzi per la mobilità attiva); d) riformare il Codice della Strada e spingere i comuni a sviluppare «isole ambientali», «zona 30» e «woonerf», favorendo la mobilità di prossimità e la ricucitura delle relazioni sociali; e) pensare a incentivi economici per il pendolarismo basato sulla mobilità attiva, ad esempio riconoscendo «certificati bianchi» a sostegno dei soggetti che si muovono a piedi o in bicicletta.

di Paola Pucci (Politecnico di Milano), Matteo Colleoni (Università di Milano Bicocca), Luca Daconto (Università di Milano Bicocca) e Bruna Vendemmia (Politecnico di Milano)

 

La proposta riguarda il miglioramento dell’accessibilità ai servizi di base nei territori urbanizzati a bassa densità, al fine di garantire inclusione sociale e fronteggiare i processi di spopolamento di queste aree. Per raggiungere questi obiettivi è necessario che l’accessibilità di prossimità sia garantita, oltre che con forme di mobilità attiva, anche attraverso una regia intercomunale, partnership pubblico-privato e il coinvolgimento attivo degli stessi abitanti.

Si definiscono tre principali linee di azione: a) integrazione dei servizi di trasporto esistenti, ad esempio combinando servizi postali, scolastici, di delivery dell’ultimo miglio (es. acquisti, farmaci, pasti) e integrando servizi sociosanitari e commerciali; b) accesso ai servizi digitali e a nuove piattaforme (MaaS – Mobility as a Service) per migliorare l’accessibilità di prossimità ai servizi offerti nelle aree suburbane e rurali, sulla base degli esperimenti già avviati in contesti urbani; c) pianificazione di forme di accessibilità indiretta, per garantire il servizio anche laddove è più difficile muoversi, riferendosi alle esperienze maturate in ambiti quali l’assistenza domiciliare, la telemedicina, l’erogazione di servizi di conciliazione famiglia-lavoro.

di Paola Pucci (Politecnico di Milano), Giovanni Lanza (Politecnico di Milano) e Matteo Del Fabbro (Centro Studi PIM)

 

Incentivi pubblici «a pioggia» e sussidi indifferenziati per l’acquisto di auto elettriche producono effetti contraddittori e indesiderati, sottraendo risorse pubbliche che potrebbero essere destinate a politiche più eque e sostenibili. La sostituzione 1 a 1 di auto tradizionali con auto elettriche in aree ad alta densità e con una buona offerta di TPL comporta infatti problemi di congestione e competizione con il TPL, a svantaggio dei profili più fragili.

Per ottenere positivi effetti ambientali e di equità sociale, si propongono due linee d’azione: a) differenziare la natura dei sussidi in base alle densità insediative, alle caratteristiche economiche e ambientali, alle dinamiche di mobilità e di dotazione infrastrutturale dei territori, incentivando l’acquisto di auto elettriche e di sistemi di ricarica privati in contesti a medio-bassa densità insediativa e l’utilizzo di sistemi condivisi di e-sharing e integrazione modale nei centri urbani ad alta densità; b) localizzare ricariche elettriche veloci modulate in base alle caratteristiche insediative del contesto territoriale, al fine di migliorare l’integrazione con il Tpl e promuovere l’efficiente utilizzo della rete elettrica.

di Paola Pucci (Politecnico di Milano) e Giovanni Lanza (Politecnico di Milano)

 

L’investimento pubblico di potenziamento del servizio ferro­viario suburbano e regionale, già avviato in alcune regioni italiane, rappresenta una misura utile a migliorare l’accessibilità a servizi e attività quotidiane anche in territori a medio-bassa densità insediativa, riorganizzandone la ripartizione modale in favore del treno e creando i presupposti per l’attivazione di politiche integrate trasporti-uso del suolo in contesti in cui il diritto alla mobilità di alcuni soggetti risulta più limitato.

In questo quadro, la proposta individua tre linee di azione prioritarie: a) adeguare la rete e il materiale rotabile, per garantire un maggiore comfort ai viaggiatori e la possibilità di viaggiare con bici al seguito, l’eventuale introduzione di nuove fermate e il cadenzamento dell’orario di servizio; b) promuovere la classificazione delle stazioni, per valutarne criticità e potenzialità dal punto di vista dei servizi disponibili (di mobilità e non) e della relazione con i territori che servono; c) coordinare le previsioni insediative e contenere nuove espansioni dell’urbanizzato in comuni non serviti da accessibilità su ferro, ipotizzando quindi trasferimenti volumetrici e misure compensative di scala intercomunale.

 

di Paolo Pileri (Politecnico di Milano), Rossella Moscarelli (Politecnico di Milano) e Alessandro Giacomel (Politecnico di Milano)

 

La proposta tratta dei grandi cammini dell’Atlante MIBACT e delle lunghe ciclabili del Sistema nazionale della ciclabilità turistica, reti che oggi troviamo spezzate e prive di quella visione che consentirebbe loro di divenire cinghia di trazione per la rigenerazione dei territori attraversati. La risposta a questa frammentazione può trovarsi un progetto di territorio slow-line based, che porti a coerenza una pluralità di interventi rispondendo alle esigenze di un cammino o di un viaggio in bicicletta: ricettività diffusa, piccola e media ristorazione, rivitalizzazione dei patrimoni materiali e immateriali di borghi, montagne e campagne, filiere agroalimentari locali, occupazione giovanile.

La proposta inquadra un programma di progettazione, realizzazione e gestione infrastrutturale di scala vasta per dare continuità a percorsi oggi in buona parte inagibili, interrotti e degradati, a partire da esperienze quali la via francigena, VENTO lungo il Po, le vie del sale, i tratturi molisani, la via Romea.

di Paolo Beria e Andrea Debernardi

 

L’ attuale assetto dell’offerta di trasporto di lunga percorrenza in Italia è l’esito di cambiamenti occorsi negli ultimi vent’anni ad infrastruttura e mercati, solo in parte pianificati, e risente largamente delle scelte di mercato degli operatori. In questo quadro i territori marginali, se non sostenuti da una azione esogena diversa da quella storica, rischiano di restare fuori dall’offerta.

È dunque necessario sviluppare una strategia integrata, che sfrutti gli spazi reali di movimento per le scelte pubbliche in un sistema liberalizzato. Entro tale prospettiva la proposta esplora le seguenti linee d’azione, da finanziarsi attraverso il ripensamento del Servizio Universale ferroviario: a) anteporre alla progettazione infrastrutturale l’esame della domanda di mobilità, così da prefigurare schemi di offerta di servizi e solo da essi identificare gli investimenti; b) promuovere servizi di Alta velocità di rete (AVR) a mercato e, ove non possibili, semi-mercato attraverso contratti di servizio, allocazione della capacità, sconti sui pedaggi o contributi a passeggero trasportato; c) riconfigurare i servizi regionali non solo in funzione del traffico regionale, ma anche con finalità di adduzione alla rete AVR e agli aeroporti; d) promuovere una riconfigurazione plurimodale dell’orario strategico nazionale, in relazione al trasporto aereo e autolinee; e) gestire con voucher o sistemi di sconti contribuiti a consuntivo (non dedicati ad una sola azienda) gli obiettivi di sostegno all’utenza debole.