ambiente – Fragilità Territoriali https://www.eccellenza.dastu.polimi.it Dipartimento di eccellenza Tue, 22 Dec 2020 19:02:09 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 https://i0.wp.com/www.eccellenza.dastu.polimi.it/wp-content/uploads/2020/05/cropped-cropped-favicon.png?fit=32%2C32&ssl=1 ambiente – Fragilità Territoriali https://www.eccellenza.dastu.polimi.it 32 32 176743178 Quinta proposta di intervento di Ricomporre i Divari: il miglioramento della qualità dell’aria nel Bacino Padano https://www.eccellenza.dastu.polimi.it/2020/12/22/quinta-proposta-di-intervento-di-ricomporre-i-divari-il-miglioramento-della-qualita-dellaria-nel-bacino-padano/ https://www.eccellenza.dastu.polimi.it/2020/12/22/quinta-proposta-di-intervento-di-ricomporre-i-divari-il-miglioramento-della-qualita-dellaria-nel-bacino-padano/#respond Tue, 22 Dec 2020 18:59:28 +0000 http://www.eccellenza.dastu.polimi.it/?p=5292

Autore:

La proposta è stata elaborata da un gruppo di lavoro composto da Marcello Magoni, Gloria Pessina e Rachele Radaelli. La sua versione completa sarà pubblicata in un volume di prossima uscita per i tipi de Il Mulino.

Data

22 Dicembre 2020

Nel Bacino Padano: una strategia territoriale di disinquinamento dell’aria

Il Bacino Padano è una delle aree europee in cui è più forte lo squilibrio tra attività economiche, insediamenti umani e ambiente. Tra i diversi fattori di squilibrio ambientale, che includono il consumo del suolo e l’inquinamento delle acque, l’inquinamento atmosferico costituisce uno dei più problematici a causa non solo delle notevoli emissioni inquinanti, ma anche delle condizioni orografiche e meteoclimatiche che ne incrementano la stagnazione. Infatti, nonostante per alcuni inquinanti la qualità dell’aria sia migliorata già dagli anni ’70, vi è ancora una condizione di criticità per le eccessive concentrazioni di particolato fine (PM10 e PM2,5), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3).

L’inquinamento dell’aria costituisce uno dei principali fattori di rischio ambientale per la salute dell’uomo poiché provoca un aumento delle malattie respiratorie, cardiovascolari e neoplastiche che conducono a morti premature e a una riduzione delle aspettative di vita nelle popolazioni interessate. L’Italia è considerata tra le prime nazioni in Europa per numero di morti premature dovute all’eccesso di particolato fine (PM 10, PM2.5), di cui un numero prevalente si presume provenga dal Bacino Padano.

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Per individuare le strategie più efficaci per ridurre l’inquinamento atmosferico e i suoi effetti sono considerati fattori individuali, socio-ambientali (reddito, livello d’istruzione, esposizione, condizioni climatiche, etc.) ed emissivi. Ad esempio, in Lombardia le principali fonti di emissione degli ossidi di azoto, PM2,5 e ozono sono i mezzi di trasporto di persone e merci (31%), la combustione non industriale (22%), quella industriale (circa il 13%) e l’agricoltura (quasi il 7%).

Data la natura complessa dell’inquinamento atmosferico, per ottenere un miglioramento definitivo della qualità dell’aria occorre intervenire su tutti i settori emissivi in modo proporzionato al loro contributo e con una regia in grado di coordinare le diverse azioni sull’intero territorio considerato.

Nel Bacino Padano nell’ultimo decennio è emersa con forza la necessità di una regia nazionale di contrasto all’inquinamento atmosferico in conseguenza sia dei richiami all’Italia delle istituzioni europee, sia dell’attenzione al tema del cambiamento climatico. Sono di questi anni la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, il Piano Nazionale Energia e Clima 2030 e gli aggiornamenti ai Piani regionali di tutela della qualità dell’aria. Inoltre, sono stati sottoscritti diversi accordi di collaborazione interregionale e nazionale per affrontare la grave situazione del Bacino Padano, ma gli effetti di questi piani, strategie e accordi sono ancora lontani dal raggiungimento dell’obiettivo di un adeguato miglioramento della qualità dell’aria. Al riguardo riscontriamo tre grandi problemi: la scarsità di risorse dedicate a livello sovraregionale; l’inadeguatezza delle azioni finanziate a livello comunale; le scarse analisi territoriali del fenomeno dell’inquinamento atmosferico nell’elaborare delle azioni puntuali e diversificate.

Anche in vista dei finanziamenti del Next Generation EU, proponiamo di elaborare una “Strategia territoriale per il miglioramento della qualità dell’aria del Bacino Padano” caratterizzata da una forte regia nazionale e da un processo di coinvolgimento alle diverse scale di istituzioni (comuni, aree metropolitane, regioni), organismi tecnici (es. agenzie per la protezione dell’ambiente), università, associazioni, cittadini.

Questa strategia dovrà considerare l’insieme delle attività che producono emissioni inquinanti e la loro distribuzione nello spazio e integrarsi alle strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Essa dovrà assumere due prospettive complementari: la prima dovrà agire sull’uso dei suoli e sui sistemi insediativi e produttivi, mitigandone l’impatto ambientale e aumentandone l’efficienza energetica, la seconda dovrà ridurre le emissioni inquinanti e l’esposizione della popolazione. Queste prospettive dovranno trovare attuazione in tre dimensioni strategiche: l’orientamento dei sistemi insediativi (1) e agro-industriale (2) verso condizioni di maggiore sostenibilità e la riduzione dell’uso dei combustibili fossili (3).

Il ripensamento del sistema insediativo richiede di minimizzare lo sprawl urbano (ovvero l’espansione degli insediamenti urbani) e il consumo di suolo attraverso lo sviluppo di modelli di tipo diramato, dove le infrastrutture territoriali sono integrate per ottenere una maggiore efficienza energetica e una riduzione dell’impatto ambientale. L’orientamento del sistema agro-industriale punta su una riconversione sostenibile di coltivazioni e allevamenti basata sugli obiettivi della strategia europea Farm to Fork, attraverso l’espansione della filiera corta, l’uso e il trattamento a basso impatto delle acque reflue, l’uso ridotto e a basso impatto di pesticidi e fertilizzanti, il recupero dei flussi di materia/energia (es. produzione di biometano da residui organici agricoli e urbani). La riduzione dei combustibili fossili richiede di migliorare l’efficienza energetica di insediamenti e infrastrutture e di sostituire le energie non-rinnovabili con quelle rinnovabili. Questo comporta il potenziamento della rete elettrica, la riduzione della domanda di mobilità privata, il recupero dei flussi di energia in eccesso, l’accumulo di elettricità e calore prodotte dagli impianti eolici, solari e idrici a flusso libero.

La strategia territoriale dovrà avere un’elevata flessibilità, poiché tecnologie, pratiche e conoscenze sull’energia sono in continua e forte trasformazione, e dovrà coinvolgere cittadini e attori locali. Al riguardo, il sostegno alla diffusione di processi di coinvolgimento degli abitanti finalizzati al progetto, alla sperimentazione e alla valutazione di transizioni verso modelli territoriali più sostenibili dovrà costituire una dimensione essenziale delle strategie locali.

Marcello Magoni è responsabile del CCRR-Lab – DAStU (Politecnico di Milano) e svolge attività di ricerca,  formazione e consulenza nei campi della pianificazione e valutazione territoriale e paesistico-ambientale e della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Gloria Pessina è dottore di ricerca in Spatial Planning and Urban Development, è assegnista di ricerca presso il DAStU (Politecnico di Milano) nell’ambito del progetto “Fragilità Territoriali”. Rachele Radaelli è architetto, membro del CCRR-Lab del DAStU (Politecnico di Milano) e svolge attività di ricerca e formazione nei campi della pianificazione territoriale, della valutazione ambientale e della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. 

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Credits: https://www.esa.int/ESA_Multimedia/Images/2019/05/Nitrogen_dioxide_over_Europe
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Quarta proposta di intervento di Ricomporre i Divari: lo spazio costiero quale infrastruttura fondamentale per il benessere di tutti i cittadini https://www.eccellenza.dastu.polimi.it/2020/11/25/quarta-proposta-di-intervento-di-ricomporre-i-divari-lo-spazio-costiero-quale-infrastruttura-fondamentale-per-il-benessere-di-tutti-i-cittadini/ https://www.eccellenza.dastu.polimi.it/2020/11/25/quarta-proposta-di-intervento-di-ricomporre-i-divari-lo-spazio-costiero-quale-infrastruttura-fondamentale-per-il-benessere-di-tutti-i-cittadini/#respond Wed, 25 Nov 2020 08:48:55 +0000 http://www.eccellenza.dastu.polimi.it/?p=5201

Autore:

La proposta è stata elaborata da un gruppo di lavoro composto da Francesco Curci, Mariavaleria Mininni, Gabriele Nanni, Edoardo Zanchini e Federico Zanfi. La sua versione completa sarà pubblicata in un volume di prossima uscita per i tipi de Il Mulino.

Data

25 Novembre 2020

Accessibilità pubblica, sicurezza e risposta al cambiamento climatico: una strategia per le coste

Le coste sono tra i contesti geografici italiani che hanno subìto più trasformazioni nell’ultimo secolo. Lo spostamento sulla costa della popolazione interna e i processi di infrastrutturazione, urbanizzazione e turistificazione hanno consumato suolo irrigidendo l’interfaccia mare-terra e interferendo col regime idraulico dei litorali. Tali processi hanno altresì compromesso ecosistemi preziosi e accelerato dinamiche quali la salinizzazione delle falde e l’erosione costiera. A tutto ciò oggi si aggiungono le gravi preoccupazioni relative agli scenari di cambiamento climatico e innalzamento del livello del mare che interesserebbero buona parte dei circa 8000 km di coste italiane.

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In questo quadro possiamo richiamare almeno quattro nodi in cui si intrecciano aspetti ambientali, sociali ed economici che a nostro avviso dovrebbero costituire i termini di riferimento per ogni futura riflessione strategica sulle aree costiere.

Lo spazio costiero italiano è anzitutto uno spazio il cui libero accesso è limitato, con le concessioni del demanio marittimo a imprenditori privati che interessano oltre la metà delle spiagge sabbiose a livello nazionale (nei tratti di costa liguri e romagnoli tale quota supera il 70%) a fronte di canoni concessori troppo esigui.

Si tratta poi di uno spazio insalubre, col 7,8% delle aree costiere italiane interdette alla balneazione per ragioni di inquinamento delle acque e con una diffusa assenza di monitoraggio e informazione. A causa di ciò si continua a fare il bagno o a praticare sport acquatici in molti luoghi formalmente dichiarati non balneabili con la conseguente esposizione della popolazione a varie forme di rischio per la salute.

Ancora, si tratta di uno spazio investito da emergenti fenomeni di periferizzazione che riguardano gli insediamenti più decaduti e i segmenti meno qualificati dello stock di ex case di villeggiatura; situazioni ove si concentrano popolazioni marginali e immigrate e che in taluni casi – come lungo il litorale Domizio – diventano problematici luoghi di esclusione e segregazione su base etnica.

Si tratta, infine, di uno spazio a rischio, in particolare nelle sue componenti edilizie più esposte agli effetti dell’erosione costiera e dell’innalzamento del livello medio del mare; un’esposizione che si fa particolarmente problematica per i molti edifici di origine abusiva prossimi agli arenili e critici in termini di impatto paesaggistico sui quali l’azione di demolizione è stata fino ad ora poco incisiva.

La premessa necessaria per scardinare gli assetti consolidati e le dinamiche che contribuiscono alla riproduzione di varie forme di disuguaglianza spaziale, sociale e ambientale è riconoscere la costa come una infrastruttura fondamentale per il benessere di tutti i cittadini – in primis per coloro che la abitano stabilmente – per garantirne una fruizione sostenibile, equa e democratica. La costa del futuro che immaginiamo è uno spazio riorganizzato nelle sue modalità di accesso, uso e gestione, riequilibrato sotto il profilo ecologico e della legalità, bonificato e alleggerito del suo attuale carico insediativo.

Entro questa visione proponiamo di riconoscere quattro linee d’azione integrate che mirano ad affermare alcuni diritti fondamentali in relazione allo spazio costiero.

Una prima linea d’azione riguarda il diritto a una libera e gratuita fruizione delle spiagge e delle coste. Tale diritto dovrebbe stare alla base di un riordino delle modalità di gestione del demanio costiero, un riordino necessario non soltanto per ottenere concessioni più eque, ma anche per qualificare e indirizzare queste verso obiettivi di maggiore sostenibilità ambientale. Entro tale prospettiva occorre definire: a livello nazionale, le quote massime ammissibili di spiagge balneabili offerte in concessione in un determinato territorio costiero; a livello regionale, bandi e procedure per il rilascio delle nuove concessioni che premino progettualità virtuose in chiave sociale ed ecologica tenendo conto delle specificità idro-geomorfologiche e botanico-vegetazionali degli ambiti costieri.

Una seconda azione riguarda il diritto a una balneazione sicura in acque salubri. Due principali fronti di lavoro sembrano necessari in questo senso. In primo luogo, al fine di favorire una conoscenza accurata della qualità chimica, fisica e batteriologica delle acque, occorre progettare un unico e capillare sistema di monitoraggio della qualità delle acque costiere sul modello dei sistemi di monitoraggio dell’aria. In secondo luogo, poiché la qualità dell’acqua in prossimità delle coste deriva in gran parte da come si progetta il ciclo dell’acqua nei territori costieri e subcostieri, va perseguita una maggiore integrazione dei Piani di Assetto Idrogeologico con i Piani di Tutela delle Acque, considerando insieme aspetti che vanno dall’attenzione alla permeabilità dei materiali del progetto urbanistico, alla pianificazione di sistemi di depurazione capaci di far fronte ai periodi di massima utenza legata alla stagione balneare.

Un terzo tema riguarda poi la concezione della spiaggia quale spazio pubblico democratico e accessibile a tutti, con una particolare attenzione ai quartieri urbani periferici e meno dotati di servizi e attrezzature collettive. Si tratta in questo caso di intervenire dentro e ai margini di tali quartieri ricostruendo il loro rapporto con la costa mediante la progettazione di nuovi spazi pubblici nella forma di “spiagge-parco”: spazi in grado di garantire – più che i tradizionali waterfront urbani – un rapporto più diretto col mare, e di favorire una positiva percezione dei quartieri da parte degli abitanti proprio grazie alla riconquista di un migliore rapporto col mare.

Un’ultima linea di azione ha a che vedere con una politica fondiaria di acquisizione di nuove aree pubbliche da annettere al demanio marittimo al fine di garantirne l’esistenza nel futuro scenario di innalzamento del livello dei mari e di erosione costiera. Una politica che dovrebbe agire: da un lato sulle aree pubbliche maggiormente segnate dalla presenza di interventi quali grandi infrastrutture, impianti industriali, centrali energetiche e poligoni militari, ovvero su quelle aree da risarcire mediante bonifiche e rinaturalizzazioni o, nei casi di grave incompatibilità ambientale, da liberare definitivamente dagli elementi antropici; dall’altro lato dovrebbe intervenire sul patrimonio edilizio privato ubicato sulle coste più a rischio, rilocalizzando gli immobili mediante “programmi di trasferimento” (relocation programs) già sperimentati in altri paesi e mettendo a punto meccanismi più efficaci per una diffusa rimozione degli immobili abusivi non sanabili e più vicini al mare.

Queste azioni implicitamente rimandano al disegno di una Strategia nazionale per le aree costiere, che potrebbe stare in capo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e che dovrebbe concepirsi come elemento di raccordo tra direttive, istituzioni e strumenti di pianificazione che già operano, seppure entro settori e a livelli istituzionali diversi, in coerenza col cambio di paradigma auspicato. Entro questa prospettiva, oltre a finanziamenti stanziati a livello centrale, tale strategia potrebbe vincolare le rendite provenienti da rinnovate concessioni demaniali e da una più rigorosa tassazione della ricettività turistica costiera a investimenti nella messa in sicurezza, nel disinquinamento, nella de-antropizzazione e rinaturalizzazione delle medesime aree costiere – oltre che nella fornitura di servizi essenziali per chi le abita stabilmente. Uno schema di finanziamento che, collegando il prelievo fiscale nelle aree costiere “forti” all’investimento in quelle maggiormente minacciate e degradate, attuerebbe un’azione di perequazione territoriale allargata e di attenuazione dei divari.

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Workshop Giovani Ricercatori Aree Interne DIARIO DI LAVORO tavolo del 15 Luglio 2020 – Patrimonio Naturale e Risorse Ambientali https://www.eccellenza.dastu.polimi.it/2020/07/20/workshop-giovani-ricercatori-aree-interne-diario-di-lavoro-tavolo-del-15-luglio-2020-patrimonio-naturale-e-risorse-ambientali/ https://www.eccellenza.dastu.polimi.it/2020/07/20/workshop-giovani-ricercatori-aree-interne-diario-di-lavoro-tavolo-del-15-luglio-2020-patrimonio-naturale-e-risorse-ambientali/#respond Mon, 20 Jul 2020 07:38:57 +0000 http://www.eccellenza.dastu.polimi.it/?p=4942

Autore:

Giovani Ricercatori per le Aree Interne

Data:

15 Luglio 2020

Il 15 luglio si è svolto l’ultimo tavolo del workshop su “Patrimonio Naturale e Risorse Ambientali”, moderato da @Giusy Pappalardo (Università degli Studi di Catania) che ringraziamo moltissimo per aver dato avvio alla discussione e per averla animata con commenti attenti e stimolanti.

Grazie a tutti coloro che hanno preso parte all’incontro e in particolare ai ricercatori che hanno condiviso le proprie conoscenze ed esperienze:

@Filippo Carlo Pavesi ha introdotto il tema dell’asimmetria tra aree di monte e aree di valle, in particolare in merito al tema delle acque, proponendo l’introduzione di Nature Based Solutions a scala vasta anche come forma di contrasto ai cambiamenti climatici; @Antonio Pepe ha sottolineato la rilevanza del patrimonio forestale in Italia, di rado al centro del dibattito pubblico, evidenziando come questo tipo di servizio ecosistemico presenti difficoltà e costi di gestione, resi meno gravosi dalla presenza di consorzi e comunità montane; @Davide Simoni ha ripreso il tema della relazione monte-valle, mettendone in luce la problematicità, laddove ciò che defluisce da un luogo all’altro sono sostanze inquinanti come accade in territori ex minerari in abbandono; @Valentina Coraglia si è interrogata sulle possibilità di gestione di territori nei quali l’identità forestale è presente ma non prevalente e sulle modalità di trasmissione futura di materiali e saperi tradizionali;  @Daniele Rosa ha introdotto uno sguardo storico sull’assetto dei diritti di proprietà nelle aree interne, richiamando esperienze passate di proprietà condivisa che possono contribuire ad alimentare l’attuale dibattito sui beni comuni; @Stefano Tornieri ha messo in luce il dinamismo del paesaggio che spesso contrasta con la staticità degli strumenti conoscitivi e legislativi e rende necessaria una collaborazione tra discipline differenti; @Caterina Rigo ha proseguito sul tema dell’interdisciplinarietà ed ha presentato alcune esperienze transcalari di abbandono controllato e di restituzione di luoghi al mondo vegetale ed animale; @Silvia Parentini e @Saverio Massaro hanno introdotto il tema della “città convivio” in grado di mettere a sistema le competenze collettive per la gestione dell’eredità naturale dei luoghi; @Matteo Giacomelli ha introdotto il tema della giustizia ambientale e del rischio di mercificazione dei servizi ecosistemici e dei beni comuni, interrogandosi sull’effettiva attenzione della SNAI al tema ambientale; @Giovanni Ottaviano ha portato una riflessione sul ruolo degli Enti Parco e sulla necessità di superare la dicotomia tra conservazione e sviluppo delle aree protette, riportando al centro la relazione tra natura, valore e lavoro; @Elena Longhin ha evidenziato la necessità di utilizzare una varietà di strumenti di analisi e di restituzione grafica per poter rappresentare in modo efficace sia il paesaggio che i rapporti di potere che lo attraversano.

Infine facciamo i nostri auguri di pronta guarigione a @Chiara Vacirca che purtroppo non ha potuto partecipare alla discussione ma che nel suo contributo scritto ha proposto una riflessione sulla simbiosi natura-cultura e sulla ridefinizione della conoscenza scientifica per lo studio delle “aree infette”.

Il workshop termina qui ma la rete continua grazie al contributo di tutte le persone che in vario modo si sono interessate a questo percorso e che ci hanno sostenuti in questi mesi. A voi tutti va il nostro GRAZIE!

foto di Giusy Pappalardo
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https://www.eccellenza.dastu.polimi.it/2020/07/20/workshop-giovani-ricercatori-aree-interne-diario-di-lavoro-tavolo-del-15-luglio-2020-patrimonio-naturale-e-risorse-ambientali/feed/ 0 4942